lunedì 21 luglio 2008

Good night and good luck


I fatti separati dalle opinioni, All facts that fit to print. Roba vecchia secondo il nuovo direttore della Associated Press, pronto a mandare in pensione il vecchio stile anglosassone e ad afferrare il lettore alla giugulare. Su questo terreno, la Cnn di Ted Turner, che aveva preferito mantenere i toni convenzionali dell'informazione, ne usci' con le ossa rotte nelle election 2000, contro l'agguerritissima Fox di Murdoch, che ogni giorno apriva i suoi notiziari con sberleffi e attacchi agli avversari politici. Maurizio Molinari ci racconta oggi sulla Stampa che aria tira in redazione a Washington, dove, tanto per capirci, lascia la poltrona il direttore che nella sfida tra Al Gore e George W. Bush scelse di non dichiarare il nome del vincitore nella notte elettorale.

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Beh, sulla manipolazione dei fatti ad hoc per creare opinioni, Giuseppe D'Avanzo c'era andato giù pesante con Marco Travaglio all'indomani della polemica suscitata dal suo intervento a Che Tempo che fa. La domanda è: è più importante la verifica di questi fatti o la narrazione (magari abbellita da una sapiente prosa satirica)?

Anonimo ha detto...

E' una storiellina, ma mostra in controluce un metodo. Si inventa una storia, la si affida a un circuito della maldicenza, non con'carte' all'esame della magistratura. Un giornale ne dà conto, anche se per paradosso. Un politico la rilancia. Una manina magari istituzionale la consegna al web. La frittata è fatta. Viene da chiedersi quanto la minaccia di questo trattamento possa condizionare le scelte, il lavoro, le decisioni dei possibili target di una 'piattaforma di spionaggio', naturalmente per vicende molto più serie di questa. Nel mondo che conta, dice Tavaroli, la sicurezza è reputazione. Anche alla luce di ciò che mi è accaduto penso sia vero.

Anonimo ha detto...

Non c'è dubbio che l'informazione sia e debba essere, per mestiere e dovere, un alimento di critica pubblica. C'è il giornalismo che pretende di ricostruire la verità. C'è un altro giornalismo che sa di non poter afferrare con una presa sicura l'intera storia che racconta. E' un giornalismo consapevole di un limite e accetta di lavorare a una continua approssimazione della verità, cosciente che non saprà mai cos'è la verità, ma saprà cos'è la menzogna. La indicherà ai suoi lettori. Vi si opporrà, per quel poco o molto che è in grado di fare. E potrà ripetere ai pochi o ai molti che gli concedono ogni giorno fiducia: "Non vi abbiamo mentito".

Questo articolo è comparso in risposta alle critiche mosse allo spazio dato da Repubblica alla versione di Tavaroli sull'affaire Telecom

Anonimo ha detto...

Terza regola, un po’ più ruffianesca. Nel resoconto di un avvenimento, non far sentire al lettore l’opinione che te ne sei fatto. Che te ne sia fatta qualcuna, è inevitabile; chi lo nega o è un imbecille o è un bugiardo. Ma non si può ne deve imporla al lettore; bisogna lasciargliela suggerire dai fatti secondo il modo in cui gli si raccontano. I fatti vanno raccontati tutti; chi ne censura qualcuno è un disonesto che come tale prima o poi viene smascherato.

Ma erano altri tempi...

Anonimo ha detto...

I fatti per un giornalista politico, non parlano mai da soli. O dicono troppo o dicono troppo poco. Quando dicono troppo bisogna farli parlare più sottovoce, quando dicono troppo poco bisogna integrarli per renderli al loro significato. Ma la chiarezza, in questo lavoro, è una virtù ingombrante. Le note di servizio che raccomandano: "Tenersi ai fatti, senza commenti o interpretazioni", sono un invito ad accettare come autentica la verità propagandistica che i politici hanno interesse a diffondere(...) Tutti i dispiaceri del giornalista politico, forse, si riducono ad uno fondamentale, che è quello di non riuscire a fare il proprio mestiere.

Questo brano è tratto da Millecinquecento lettori Confessioni di un giornalista politico

Anonimo ha detto...

Qui è in atto un vero e proprio attacco alla libertà di stampa e d'informazione, che è un "bene pubblico" garantito dalla Costituzione. Non parlo del sistema delle intercettazioni e dei poteri della magistratura che vanno certamente armonizzati per quanto possibile con il diritto alla riservatezza delle persone intercettate. Parlo della stampa, dei giornalisti, degli editori

Anonimo ha detto...

Aggiustata qualche data e qualche ricordo, si può concludere che l'ira furibonda provocata dall'intercvista di Giuliano Tavaroli non riguardi il suo racconto (della cui ambiguità, Repubblica ha avvertito i lettori), ma la stessa possibilità di raccontare, la stessa possibilità di lasciare una luce accesa su un affaire che disegna le debolezze del nostro capitalismo, i deficit della nostra politica, l'opacità del loro intreccio, le "reti d'influenza" e i "legami di dipendenza e di protezione" del potere italiano.

Anonimo ha detto...

Ma in casa mia e dei miei amici c'erano degli abbonati ai grandi giornali, alla 'Stampa', alla 'Gazzetta del Popolo', al 'Corriere della Sera' che li compravano ogni giorno, ma che, non facendo in tempo a leggerli, li conservavano a pile nel salotto e con calma, pian piano, li recuperavano per così dire senza sprecare un titolo, un corsivo. In quei giornali c'era la cultura media comune della borghesia al potere e del socialismo nascente (...) Oggi l'informazione adatta alla pubblicità deve sempre essere un pugno allo stomaco, deve stupire, impressionare, lasciare il segno sul lettore. Per questo oscilla fra catastrofismo e ottimismo, fra paure immaginarie e promesse esagerate.

Anonimo ha detto...

Un’interessante corrispondenza di Maurizio Molinari da New York ci porta a pensare che il problema dev’essere affrontato con una consapevolezza più articolata: racconta Molinari come l’Associated Press - la più influente agenzia giornalistica del mondo - stia mutando il proprio stile informativo, segnato fino a oggi da quella «ipotetica identità virtuosa» (il rispetto dei fatti per com’essi sono), e si sposti invece verso qualcosa che approssimativamente si chiama «giornalismo europeo», dove la brillantezza della narrazione, la forzatura consapevole dei fatti, la piacevolezza del chiacchiericcio, prendono la preminenza sulla rappresentazione asciutta, fattuale, della realtà. Dice David Bailey, direttore d’un quotidiano americano: «Una nuova filosofia dove gli abbagli contano più della sostanza»

Anonimo ha detto...

It's The Politico stupid!