giovedì 25 settembre 2008
No tax, no racket?
Angelo Panebianco oggi sul Corriere Magazine propone a Tremonti, sulla base degli studi dell'Istituto Bruno Leoni, di abolire i sostegni pubblici alle imprese del Mezzogiorno, che in cambio otterrebbero uno status di "no tax area". Si può dire che sia una delle soluzioni più in linea con il pensiero di libero mercato, ma mi chiedo: un'assenza dal punto di vista fiscale al Sud, non legittimerebbe ancor più l'assenza dello Stato in quest'area? In questo modo si potrebbe davvero sconfiggere la piaga del racket che strozza lo sviluppo imprenditoriale dell'Italia meridionale?
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6 commenti:
Ciao Silvietta! auguri in ritardo; mi sembra uno spunto interessante, ma mi sfugge il legame tra la detassazione come incentivo e il racket. Cioè, mentre mi è chiaro che se un'impresa meridionale rinuncia alle sovvenzioni statali in cambio potrebbe non pagare tasse, non capisco perché poi riuscirebbe ad affrancarsi anche dalla pressione criminale. Condivido invece pienamente che la ricetta de-tax in realtà implica una minore rappresentanza e quindi molto probabilmente una minore presenza dello Stato. A meno che, e questa è solo una provocazione, non vadano a sedere in parlamento direttamente i clan che il territorio lo controllano davvero e i fucili già li usano.
Panebianco propone il no tax area come soluzione al rilancio delle imprese nel meridione, ma secondo me per aiutare l'industria del sud bisogna prima di tutto liberare gli imprenditori dal racket. Anche se non pagassero le tasse, sarebbero comunque costretti a sottostare ai clan mafiosi che ostacolano la competitività e lo svilluppo del territorio.
Grazie per gli auguri!!! E a presto!!
Il sistema clientelare è al capolinea
Intervista interessante e carica di ottimismo. Speriamo che le nuove coscienze si facciano avanti.
Per questo dico che dobbiamo spingere sempre più verso una vera economia di mercato, il Sud va liberato da questo concetto di economia protetta e assistita che c'è, meglio meno soldi e più presenza dello Stato. Servono meno tutele per tutti: per gli imprenditori, che devono imparare a confrontarsi davvero con il mercato. Ma anche per i lavoratori.
Dobbiamo essere uniti contro la criminalità nel Mezzogiorno. Questo non è il tempo del silenzio. Non è il tempo della rassegnazione. Ma è il momento della reazione e del coraggio
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